Selvapiana
![]() Geosito di rilevanza localePaleo superficie ben riconoscibile nel paesaggio tra il Torrente Enza e il rio Cerezzola, testimonianza del penultimo glaciale, rivestira da loess e da paleosuoli, un tempo probabilmente rivestita da boschi, come suggerisce il toponimo.
Geografia
Perimetro geosito e Carta geologica
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Descrizione
Esemplare paleosuperficie tra il Torrente Enza e il rio Cerezzola, ben riconoscibile nel paesaggio per la morfologia sub pianeggiante, che si estende per diversi chilometri da Selvapiana sino a Monchio dell'Olle. Il toponimo richiama la morfologia e la passata copertura vegetale boschiva. Una "paleosuperficie" è un lembo di territorio che in qualche modo potremmo definire "fossile", rimasto sostanzialmente immutato nelle sue forme per oltre 200.000 anni. E' un'immagine, un "fotogramma" del territorio su cui vivevano i nostri lontani progenitori paleolitici, giunto a noi intatto sin da prima della penultima grande glaciazione (Riss): ultimo "relitto" di una vasta superficie sub-pianeggiante su cui scorrevano i fiumi appenninici pleistocenici. Quella vasta superficie fu sollevata dalle spinte tettoniche che modellarono l'Appennino e nel contempo incisa ed erosa quasi totalmente dagli impetuosi fiumi ingrossati dalle acque di fusione dei ghiacciai appenninici alla fine delle due ultime grandi glaciazioni (Riss e Würm). Quegli stessi fiumi, ben più tranquilli, oggi scorrono 100, 200 metri più in basso. Da Selvapiana, a ben guardare verso Est, si può notare il pianoro su cui sorge Cerredolo dei Coppi, un tempo continuazione della paleosuperficie e oggi da essa separata dalla profonda valle del Rio di Cerezzola. Su questo antico "piano campagna" troviamo argille e limi deposti dai forti venti che soffiavano durante le grandi glaciazioni, trasformati in "paleosuoli" dai processi chimici e fisici che avvenivano durante le fasi climatiche più calde interglaciali (tra una glaciazione e l'altra). I paleosuoli appaiono evidenti in occasione dell'aratura dei campi, per il loro caratteristico colore bruno-rossastro. La paleosuperficie di Selvapiana è una delle più ampie e meglio conservate dell'intero Appennino Emiliano, insieme con quelle intorno a Pellegrino Parmense, Vetto e Castelnuovo Monti. L'interesse del geologo nello studio di queste antiche superfici topografiche è che esse, raccordate l'una all'altra, ci permettono di ricostruire le forme dell'antico Appennino e di definirne quindi le tendenze evolutive. Selvapiana ispirò anche il Petrarca che, trovandosi a passare per queste terre nell'estate del 1341, per primo ne riportò per iscritto il nome di "Selva Piana" nelle descrizioni che ne fece nei suoi scritti. Altre informazioni sul geosito
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Mappa di inquadramento e rete escursionistica regionale
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