Geologia, sismica e suoli

Selvapiana

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Geosito di rilevanza locale

Paleo superficie ben riconoscibile nel paesaggio tra il Torrente Enza e il rio Cerezzola, testimonianza del penultimo glaciale, rivestira da loess e da paleosuoli, un tempo probabilmente rivestita da boschi, come suggerisce il toponimo.

Geografia
  • Superficie totale: 185.95 ettari.
  • Quota altimetrica minima 393.1m. s.l.m., quota altimetrica massima 506.6m. s.l.m.
Perimetro geosito e Carta geologica
Perimetro geosito e Carta geologica
Descrizione

Esemplare paleosuperficie tra il Torrente Enza e il rio Cerezzola, ben riconoscibile nel paesaggio per la morfologia sub pianeggiante, che si estende per diversi chilometri da Selvapiana sino a Monchio dell'Olle. Il toponimo richiama la morfologia e la passata copertura vegetale boschiva.

Una "paleosuperficie" è un lembo di territorio che in qualche modo potremmo definire "fossile", rimasto sostanzialmente immutato nelle sue forme per oltre 200.000 anni. E' un'immagine, un "fotogramma" del territorio su cui vivevano i nostri lontani progenitori paleolitici, giunto a noi intatto sin da prima della penultima grande glaciazione (Riss): ultimo "relitto" di una vasta superficie sub-pianeggiante su cui scorrevano i fiumi appenninici pleistocenici.

Quella vasta superficie fu sollevata dalle spinte tettoniche che modellarono l'Appennino e nel contempo incisa ed erosa quasi totalmente dagli impetuosi fiumi ingrossati dalle acque di fusione dei ghiacciai appenninici alla fine delle due ultime grandi glaciazioni (Riss e Würm). Quegli stessi fiumi, ben più tranquilli, oggi scorrono 100, 200 metri più in basso. Da Selvapiana, a ben guardare verso Est, si può notare il pianoro su cui sorge Cerredolo dei Coppi, un tempo continuazione della paleosuperficie e oggi da essa separata dalla profonda valle del Rio di Cerezzola. Su questo antico "piano campagna" troviamo argille e limi deposti dai forti venti che soffiavano durante le grandi glaciazioni, trasformati in "paleosuoli" dai processi chimici e fisici che avvenivano durante le fasi climatiche più calde interglaciali (tra una glaciazione e l'altra). I paleosuoli appaiono evidenti in occasione dell'aratura dei campi, per il loro caratteristico colore bruno-rossastro.

La paleosuperficie di Selvapiana è una delle più ampie e meglio conservate dell'intero Appennino Emiliano, insieme con quelle intorno a Pellegrino Parmense, Vetto e Castelnuovo Monti.

L'interesse del geologo nello studio di queste antiche superfici topografiche è che esse, raccordate l'una all'altra, ci permettono di ricostruire le forme dell'antico Appennino e di definirne quindi le tendenze evolutive.

Selvapiana ispirò anche il Petrarca che, trovandosi a passare per queste terre nell'estate del 1341, per primo ne riportò per iscritto il nome di "Selva Piana" nelle descrizioni che ne fece nei suoi scritti.

Altre informazioni sul geosito
Interessi geoscientifici: Geomorfologico;
Geotipi presenti: Paleosuperficie;
Interessi contestuali: Paesaggistico;
Valenze: Scientifico - Divulgativo;
Tutela: consigliablie;
Accessibilità: molto facile;
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