La Risorgente dell’Acquafredda, adiacente all’abitato della Ponticella, nota da sempre agli abitanti del luogo, sia per i vistosi eventi di piena che la caratterizzavano, sia per la violenta corrente d’aria che esce dall’ingresso, ha fatto connotare quell’area col nome di “Siberia”.
Venuto a giorno, il corso d’acqua ha scavato una profonda e stretta forra nel gesso, ove sono visibili le tracce di traverse costruite anche per alimentare una cisterna in muratura. L’esplorazione e la prima esaustiva descrizione di questa Grotta (1903) si devono a Giorgio Trebbi, co-fondatore della Società Italiana di Speleologia, che l’ha frequentata fino al 1919, fino a comporre lo studio “Fenomeni carsici del Bolognese - La Risorgente dell’Acquafredda”, pubblicato nel 1926. La Grotta, nel 1944, ha offerto riparo ad un gran numero di persone che sfuggivano dai bombardamenti; le sue prime gallerie sono state dotate di un impianto di illuminazione e di passerelle che sovrappassavano l’alveo dell’Acquafredda, mentre nei suoi vani più elevati sono stati allestiti soppalchi di legno da utilizzare come giacigli, nonostante la bassa temperatura della cavità. Di questa utilizzazione come rifugio restano evidenti tracce.
Situata a brevissima distanza dalla sponda dx del Torrente Savena, la Grotta costituiva il tronco terminale e il punto di emergenza naturale delle acque del Sistema Acquafredda-Spipola e deve il suo sezionamento dal Buco del Prete Santo (ER BO 275, la sua prosecuzione verso monte) e quindi dal Sistema ai lavori di estrazione del gesso eseguiti dalla Cava “Prete Santo”, della Ditta Ghelli. Nel dopoguerra essa ha causato il crollo dell’ingresso storico e negli anni successivi l’arretramento artificiale del versante, dovuto all’espansione del piazzale della cava, ha distrutto 150 m di gallerie ed ambienti che la connettevano al Prete Santo. Fino alla fine degli anni ’60 sopravviveva, al di sotto del piano di cava, un segmento della bassa galleria in cui scorreva il torrente (anch’esso denominato Buco del Prete Santo, ER BO 42), che si ritiene annientato dalle lavorazioni. Da ultimo, negli anni ’70 del secolo scorso, le escavazioni profonde hanno intercettato il torrente Acquafredda addirittura a monte del Prete Santo. Da allora la sua portata defluisce in Savena a gravità attraverso una tubazione, sommergendo comunque le gallerie basse della cava.
Nel rilevamento topografico eseguito da G.Trebbi prima dell’avanzamento dei lavori della cava, lo sviluppo della grotta, di 400m, comprendeva quello del Prete Santo, cui era direttamente collegata.
La porzione residua, lunga 160m, è costituita da una galleria, all’inizio sovrastata da alte concamerazioni, che segue il percorso del talweg del torrente, snodandosi fra meandri a sporgenze-rientranze, ampie anse canali di volta e potenti accumuli di sedimenti. Ad una trentina di m dall’ingresso, scende in sinistra, un conoide detritico che reca alla base di un pozzo di 10 m, in contatto con l’esterno. Quando la Risorgente era attiva, l’alveo figurava alternativamente cosparso da grandi ciottoli fluitati o da spesse coltri di sedimenti, in relazione all’entità delle piene e dei materiali trasportati, fino a subire fasi di sommersione, come registratosi nel 1964. Nella sezione più elevata della cavità sono visibili sulle volte innumerevoli reticoli di microcanali anastomizzati, testimoni dei processi di formazione antigravitativa che hanno contribuito alla formazione dell’intero Sistema carsico Acquafredda-Spipola.
La Grotta è ad accesso regolamentato dal 2016, a seguito dell'esecuzione dei lavori di ripristino e di messa in sicurezza dell’ingresso della cavità.