Geologia, sismica e suoli

Ponte d'Ercole

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Ponte del Diavolo, Pietra Beretta

Geosito di rilevanza locale

Ponte in roccia; morfoscultura modellata nelle arenarie della Formazione di Loiano che attraversa la testata di una piccola vallecola, la cui genesi va riferita alla contestuale azione di processi morfogenetici diversi, guidati alla fessurazione.

Geografia
  • Superficie totale: 5.11 ettari.
  • Quota altimetrica minima 863.9m. s.l.m., quota altimetrica massima 915.4m. s.l.m.
Perimetro geosito e Carta geologica
Perimetro geosito e Carta geologica
Descrizione

Il Ponte d'Ercole è un arco naturale che attraversa un rio alla testata di una vallecola incisa nel versante NO di Pietra Beretta, in destra della Val Rossenna (bacino del F. Secchia). Si raggiunge dalla Strada Statale n° 12, l'antica Via Giardini: circa 1 km a nord est dell'abitato di Lama Mocogno, nei pressi di un'edicola votiva, s'imbocca una stretta, ma agevole strada asfaltata ("Via del Ponte d'Ercole", come indica il cartello toponomastico); al termine dell'asfalto, lasciata l'automobile, una comoda sterrata consente di arrivare, in un quarto d'ora di cammino, al Ponte, immerso nel folto di un bosco di castagno, pianta silicofila ricoprente il terreno arenaceo affiorante nell'intorno.

Il nome di Ponte del Diavolo, che in passato si preferiva a quello d'Ercole, deriva probabilmente dalla forma ad arco vagamente rampante, simile a quella dei tanti ponti medievali, che per la loro arditezza si pensava fossero opere del Maligno; oppure, come dice un cultore di storia locale, è un'enfatica qualificazione cristiana di quanto precedentemente dedicato a dei o mitici eroi pagani, Ercole (o Apollo) nel nostro caso. La denominazione di Ponte d'Ercole potrebbe, infatti, essere stata attribuita al monolito, per la sua maestosità, dalla fantasia mitologica degli antichi Romani che s'insediarono nei dintorni, presso la sorgente minerale "dell'Acqua di Brandola", posta presso Ca' Bagno, ancor oggi esistente, anche se fortemente stravolta, rispetto alle sue forme originali settecentesche, da restauri non certo conservativi. La frequentazione romana è testimoniata dal rinvenimento di monete e monili e, inoltre, dalla persistenza documentata di un antico toponimo: Monte Apollo, derivante da un luogo di culto dedicato alla divinità. La sorgente, di tipo salso-iodico, fu utilizzata per scopi terapeutici sino al secolo scorso (dalla fine del '700 l'acqua fu imbottigliata in appositi fiaschi di vetro con sigillo per prevenire le frodi); attualmente non è più osservabile, in quanto le sue acque sono state disperse e deviate dall'accumulo di una piccola frana. Si riteneva che le sue proprietà curative agissero su un ampio spettro di malattie: dall'afta epizootica al gozzismo montano.

Il Ponte costituisce un bell'esempio di morfoscultura in rocce stratificate appartenenti al membro arenaceo della Formazione di Loiano: gli strati sono d'arenaria quarzosofeldspatica, grossolana e debolmente cementata da carbonati, ma non mancano banchi più coerenti e resistenti alla degradazione.

L'arco, lungo 33 m circa con direzione nord-est sud-ovest, ha una larghezza quasi costante di un paio di metri che tende ad ampliarsi fino a 3 m all'estremità sud-ovest; lo spessore va riducendosi dalle imposte verso la parte centrale a meno di 1 m. Ha fianchi sub-paralleli quasi verticali, una forma leggermente rampante verso nord-est, con l'estradosso che qui termina con un gradino di un paio di metri sulla sponda; verso l'estremità opposta, invece, la superficie di calpestio scende piana e di poco inclinata. L'arco si salda al fianco sinistro della vallecola, mentre dalla parte opposta fa corpo con una spalla, scolpita all'interno da una profonda cavità variamente articolata; una croce a sbalzo, poco leggibile, è incisa sul fianco di monte, forse a voler santificare l'opera, perché a questo punto non si può più tacere la leggendaria fantasia che ha visto la mano del Diavolo stesso gettare l'arco attraverso il corso d'acqua per passare oltre senza bagnarsi i piedi, foggiare dei gradini a calci e plasmare un sedile interno per riposare, nonché, con tre zuccate, forarne per ornamento le pareti laterali. Dappertutto, purtroppo, si leggono scritte deturpanti, sicuramente incise da visitatori non meno diabolici. Non si può escludere che l'uomo, nel corso del tempo, abbia contribuito alla definizione delle forme che oggi si osservano, come nel caso d'altre morfosculture analoghe (la vicina Pietra Tetta o il Dito di Samone). La genesi dell'arco è connessa all'azione continua ed alternata di più processi semplici o complessi di degradazione meteorica: disgregazione fisica (umidificazione-essiccazione, gelo-disgelo, ecc.), disfacimento chimico (decomposizione dei feldspati, "soluzione" del calcare cementante, ecc.) ed erosione da parte delle acque di ruscellamento. La forma risultante è stata favorita dalla fessurazione degli strati, riferibile principalmente ad un sistema di fratture verticali e sub-verticali di direzione sud ovest-nord est, parallele ai fianchi dell'arco. Si ritiene che l'acqua scorresse a livello del ponte, per cadere a cascata subito a valle, e che la fessurazione, a monte, si sia aperta tanto da offrire un transito al flusso; questo poté proseguire lungo le superfici di strato sottostanti all'attuale arco, che pertanto si è conservato per il procedere dell'erosione alle sue spalle. Il quadro evolutivo si potrebbe così riassumere: poco a valle dell'attuale struttura esisteva un gradino da cui l'acqua incanalata, cadendo, ne erodeva la base; a monte, intanto, la fessurazione andava degradandosi tanto da lasciar penetrare acqua, che poté proseguire in un passaggio ipogeo laterale lungo strato, andando a sfondare nella cavità già formatasi sotto la cascatella. Col progressivo allargamento questa via divenne preferenziale, preservando il tratto di roccia posta a valle, sotto la quale l'acqua continuò a fluire, mentre il letto del ruscello andava regredendo verso monte per adattarsi al nuovo livello di base.

Uno sguardo alla vicina "Pietra Tetta", che ricopre una cavità nella valletta del Rio della Croce, raggiungibile dalla frazione di Monzone, in Comune di Pavullo, può aiutare a comprendere il processo di modellamento dell'arco del Ponte d'Ercole.

L'ambiente floreale dell'intorno è caratterizzato da castagneti, risultato dell'azione secolare dell'uomo su un terreno silicatico che ben accoglie tale cultura. Ma l'abbandono delle pratiche di governo delle piante fa sì che nel bosco si tenda a ripristinare la composizione floristica della relativa fascia vegetazionale con dominanza, oltre al castagno, del rovere e del pioppo tremulo.

Altre informazioni sul geosito
Interessi geoscientifici: Geomorfologico;
Geotipi presenti: Ponte di roccia, ponte naturale - Forme da erosione selettiva;
Interessi contestuali: Paesaggistico;
Valenze: Scientifico - Divulgativo - Escursionistico;
Tutela: consigliablie;
Accessibilità: facile;
Mappa di inquadramento e rete escursionistica regionale
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Geositi vicini
Bibliografia
"Un arco naturale nel Frignano - Il Ponte d'Ercole." - BONAZZI U. [1973] Atti Soc. Nat. Mat. di Modena, 103 (1972), 207-218.
Avvertenze

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