Geologia, sismica e suoli

Successione plio-pleistocenica lungo l'alveo del Panaro

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Geosito di rilevanza locale

Lungo l'alveo del Panaro, tra Marano e Savignano sul Panaro, affiora con discreta continuità per quasi 4 chilometri la successione di sedimenti plio-pleistocenici, estremamente fossiliferi, in contatto trasgressivo sulle Argille e Palombini.

Geografia
  • Superficie totale: 126.57 ettari.
  • Quota altimetrica minima 64m. s.l.m., quota altimetrica massima 134.1m. s.l.m.
Perimetro geosito e Carta geologica
Perimetro geosito e Carta geologica
Descrizione

Nell'alveo del F. Panaro, a valle di Marano, in adiacenza al "Percorso natura", affiorano in modo continuo, per una lunghezza di circa 4 km, sedimenti argillosi marini ricchi di fossili e i soprastanti depositi di transizione e continentali, d'età compresa tra il Pliocene mediosuperiore e il Pleistocene. Questi affioramenti consentono di esaminare in dettaglio le modalità della trasgressione marina pliocenica e il successivo ritiro del mare al Pleistocene inferiore, con conseguente cambiamento di ambiente della sedimentazione, che da marina passa a continentale.

Le argille sono venute a giorno in seguito ai fenomeni erosivi che, a partire dagli anni '60, hanno interessato non solo il fiume Panaro, ma anche gli altri corsi d'acqua del versante padano dell'Appennino: infatti, si può notare come i corsi d'acqua, presso il loro sbocco in pianura, attualmente scorrano in profondi e stretti solchi, che le acque hanno scavato nelle argille, facilmente erodibili, dopo che le ghiaie che costituivano il letto dei fiumi sono state intensamente asportate.

Le argille marine, affioranti nell'alveo, fanno parte della formazione delle "Argille Azzurre", la quale costituisce una fascia continua al margine dell'Appennino padano, caratterizzata spesso da calanchi, e forma il sottosuolo profondo della Pianura Padana.

Sono costituite, da Marano sin quasi a Savignano da sedimenti argilloso-siltosi, poco o nulla stratificati, che appoggiano trasgressivamente sulle Argille a Palombini. Il contatto trasgressivo, che si può osservare immediatamente a valle della briglia posta a nord del ponte di Marano, è caratterizzato da blocchi di calcari perforati da Litodomi e da alcuni metri di depositi sabbioso-ciottolosi di spiaggia, ricchi di resti di molluschi. L'immersione degli strati è verso nord, mediamente di una ventina di gradi.

A tetto delle Argille Azzurre, poco a valle di Savignano s.p., in regolare successione stratigrafica, affiorano depositi di transizione sabbioso-ciottolosi stratificati, anch'essi immersi verso nord, di colore giallo rossastro, nei quali s'inserisce un potente banco formato da argille limose di colore verde-nerastro, che conteneva i resti di un Elefante, ora conservato presso il museo di Savignano. L'Elefante, un Archidiskodon gromovi o A.

meridionalis, avrebbe un'età collocabile intorno ai 700.000 anni dal presente.

A tetto di questa successione affiorano depositi continentali sabbiosi e ghiaiosi, sempre di colore giallo-rossastro, alternati a livelli argillo-torbosi nerastri contenenti ceppi di piante in posizione di vita e Gasteropodi continentali. I depositi di transizione e quelli continentali sono potenti circa una cinquantina di metri.

Le Argille Azzurre sono spesso ricche di malacofaune (Lamellibranchi e Gasteropodi) e microfaune (Foraminiferi e Nannofossili) caratteristiche di questo periodo. Ad esempio, nell'alveo del F. Panaro, presso Marano, sotto la prima briglia, posta a valle del ponte, affiorano banchi sabbiosi, nei quali sono rinvenibili bivalvi come Spisula subtruncata, Mactra corallina, Chamelea gallina e Glicymeris sp., assieme a Gasteropodi dei generi Nassa, Nucula, Natica, Turritella, Vermetus, ecc. Nei banchi sabbioso-pelitici soprastanti ed affioranti poco più a nord, le associazioni a bivalvi presentano, fra le altre forme, Venus multilamella, Pelecyora islandicoides, Glossus humanus e Amusium cristatum. Talora, si rinvengono gusci di Echinidi (ricci di mare), carapaci di granchio e persino denti di squalo.

Alla base della seconda briglia di Marano, posta a valle di quella della quale si è detto poco sopra, gli strati pelitico-sabbiosi sono caratterizzati da Corbula gibba; in alcuni livelli sono presenti quasi esclusivamente abitazioni tubiformi del verme polichete Ditrupa cornea, un chiaro indicatore dell'instabilità dei fondali, legata alla rapida ed intensa decantazione dei sedimenti fini in sospensione nell'ambiente acqueo. Nelle peliti, affioranti a tetto, aumenta la frequenza in Gasteropodi come Amyclina italica, Turritella spirata e Lunatia helicina e si riducono le dimensioni degli esemplari, ad indicare un ulteriore approfondimento del bacino.

La località nella quale la fauna è più ricca e variata, anche se molto simile a quella presente sotto la prima briglia di Marano, si rinviene presso Vignola, ancora nell'alveo del fiume, poco a valle del ponte Muratori. La parte sinistra del greto del Panaro è completamente coperta di gusci di conchiglie, fra i quali si notano grandi accumuli di Flabellipecten flabelliformis e Chlamis scabrella, associati con Atrina pectinata, Ostreidi ed altri bivalvi, assieme a Gasteropodi del genere Mitrella, Vermetus, Nassarium, Trivia, Natica, Mitra, Nassa, Turricula, Turritella, Conus, Ficus, Fusinus ed Aporrhais, di mare basso ed elementi come Glossus, Amusium, Acanthocardia ecc., che rappresentano, invece, ambienti di una certa profondità e con ridotta influenza del moto ondoso.

Nelle lenti detritiche presenti in quest'ultima località, caratterizzate da facies indicatrici d'ambiente (condizionato dalle correnti di riflusso e dalle burrasche che trasportano materiali e resti organici dai livelli superiori delle spiagge sommerse), sono state trovate la mandibola di tapiro, esposta ora al Museo Civico di Vignola, e le ossa di cetaceo, che una tempesta di tre milioni d'anni fa aveva "spiaggiato" in quel punto, e che sono state recuperate, nell'estate del '94, dai curatori dello stesso Museo, in collaborazione con l'(ex) Istituto di Paleontologia dell'Università degli Studi di Modena.

Da ricordare, infine, che a sud di Savignano sul Panaro, lungo la valle del Rio Pioppa, a confine tra le province di Modena e Bologna, sono osservabili alcuni versanti, costituiti dalle Argille Azzurre e incisi da forme calanchive, tra le più belle e caratteristiche di tutta la provincia

Il geosito è in parte compreso all'interno di una più ampia area dichiarata (D.G.R. 258/2016) di notevole interesse pubblico paesaggistico ai sensi del Codice dei Beni culturali e del paesaggio (art.136 del Decreto Legislativo n. 42/2004).
Altre informazioni sul geosito
Interessi geoscientifici: Stratigrafico - Paleontologico;
Geotipi presenti: Molluschi bivalvi - Molluschi gasteropodi - trasgressione - Successione stratigrafica;
Interessi contestuali: Paesaggistico - Faunistico;
Valenze: Scientifico - Divulgativo - Escursionistico - Geoturistico;
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Geositi vicini
Bibliografia
"Alcune osservazioni sulle faune della succesione neogenico-quaternaria marina del fiume Panaro." - CATELLANI D. & CORRADINI D. [1990] In: "Nel Segno dell'Elefante". El Quatr'ari ed., Savignano s. Panaro. 23-36.
"Guida alla geologia del margine appenninico-padano." - AA. VV. G. CREMONINI e F. RICCI LUCCHI (a cura di) [1982] Guida Geol. Reg. S.G.I., 86-91., Pitagora, Bologna.
Avvertenze

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