Ofioliti costituite da basalti spilitizzati e localmente brecciati, con la tipica struttura a cuscini e livelli di ialoclastiti, e da serpentiniti a struttura massiccia ma smembrata in più blocchi, in cui sono presenti anche litologie tipo "ranocchiaie" e oficalci. Nei Cinghi di Boccassuolo hanno sede mineralizzazioni metallifere di bassa termalità, a calcopirite, pirite, blenda.
Ofioliti dei Cinghi del Corvo
Ofioliti dei Cinghi del Corvo
Cinghi del Corvo
Cinghi del Corvo
Ofioliti di Boccassuolo
Ofioliti di Boccassuolo
Geografia
Superficie totale: 202.93 ettari.
Quota altimetrica minima 615.6m. s.l.m., quota altimetrica massima 1312.4m. s.l.m.
Perimetro geosito e Carta geologica
Descrizione
La Valle del Torrente Dragone è, tra tutte le valli del Modenese e del Reggiano, la più ricca di affioramenti basaltici; in essa in particolare si trova il gruppo di Boccasuolo, costituito dai Cinghi, dal Grotto del Campanile e da affioramenti minori, oltre che dal Monte Calvario, sulla sinistra del Torrente Dragone, e, in fondo al fiume, dal poggio Medole. Poco più a monte esistono altri affioramenti tra i quali il Sasso, Sassatella e Sassolare o Sassolato già nelle vicinanze di Frassinoro. Sempre sulla sponda sinistra della valle del Dragone, poco a monte di Frassinoro emergono dai terreni argillosi il Sasso Piccolo e il Sasso Grosso e, più in basso, il Sasso Rosso. Il Complesso dei Cinghi è di dimensioni considerevoli (2,5 km nella sua estensione massima); nella parte basale dell'affioramento, in altre parole verso il Torrente Dragone, presenta strutture a cuscini (pillow lavas) molto ben conservate e spettacolari, che sono tipiche di lave solidificate in presenza d'acqua e quindi delle vulcaniti dei fondi oceanici attuali e del passato. A seguito della contrazione dovute al rapido raffreddamento, si sono sviluppati nei pillows di Boccasuolo due sistemi di fessurazioni, uno radiale e uno concentrico, che s'intersecano conferendo alla roccia una facile disgregabilità. Interposte tra i pillows sono presenti brecce magmatiche costituite da piccoli frammenti di vetro vulcanico di colore verdastro, formatesi in seguito al brusco raffreddamento del magma a contatto con l'acqua del mare (note con termine scientifico come ialoclastiti). I frammenti sono poi stati cementati da nuova lava penetrata tra le fratture della crosta dei pillows.
L'affioramento di Boccasuolo è interessante in quanto costituisce il principale corpo basaltico in territorio modenese. Esso rappresenta un frammento dei basalti che formavano la crosta della Tetide, poi smembrata a seguito di fenomeni orogenetici; le loro caratteristiche macroscopiche sono ben conservate nell'affioramento di Boccasuolo.
L'affioramento di Cinghio del Corvo, con la sua mole, circondata da ripide scarpate, emerge dai circostanti terreni argillosi, a morfologia più dolce. La base del dirupo è lambita dal Fosso del Frolaretto, non lontano dalla strada che conduce a Boccasuolo. Esso è costituito da serpentinite massiccia, di colore variabile dal verde cupo al nero, entro la quale risaltano, all'occhio esperto, cristalli più grossi. Sono presenti anche litologie di colore verde e percorse da un reticolato di piccole vene nere, di magnetite, note con il nome di ranocchiaie. Localmente si osservano vene di carbonati che cementano frammenti di serpentiniti, generando varietà litologiche note con il nome di oficalci. La massa serpentinitica è smembrata in blocchi di varia dimensione, non cementati, che rovinano a valle generando caratteristiche pietraie.
Il geosito è compreso all'interno di una più ampia area dichiarata (D.G.R. 258/2016) di notevole interesse pubblico paesaggistico ai sensi del Codice dei Beni culturali e del paesaggio (art.136 del Decreto Legislativo n. 42/2004).
Osservazione al microscopio ed altri approfondimenti
All'osservazione microscopica i clasti non appaiono più costituiti da vetro, ma da minerali secondari cioè posteriori al processo magmatico, che ne hanno occupato il posto, soprattutto clorite che impartisce la caratteristica colorazione verde alle ialoclastiti. Frequenti sono le varioliti, masserelle sferoidali di varia dimensione, originariamente vetrose, concentrate sulle superfici esterne dei pillows, legate al rapido raffreddamento, a contatto con l'acqua del mare, delle "gocce" di magma fuoriuscito dalle pareti dei pillows. Queste varioliti sono una caratteristica comune alle lave dei fondi oceanici attuali e del passato. Sempre dall?osservazione microscopica si nota come i basalti appaiono arborescenti, cioè i minerali che li costituiscono sono aggregati in strutture "a cavolfiore" ed i minerali magmatici sono presenti come "relitti"; sono rappresentati da raro clinopirosseno e ancor più raro spinello di Cromo, di composizione confrontabile con quella degli spinelli di basalti ofiolitici e di basalti dei fondi oceanici attuali. A seguito di trasformazioni metamorfiche avvenute, nella crosta oceanica, a bassa temperatura e in presenza d'acqua (metamorfismo oceanico) i minerali magmatici sono stati sostituiti da minerali "secondari" e in particolare da: albite, clorite, titanite, ossidi di Ferro, epidoti, in particolare pistacite, carbonati, datolite (datolite di Toggiano), prehnite, laumontite, quarzo in vene e druse, e baritina. Questo tipo di metamorfismo avviene anche nella crosta degli oceani attuali, costituendo un ulteriore elemento di similitudine tra gli oceani attuali e quelli del passato. Il processo metamorfico è noto anche con il termine "spilitizzazione" e quindi i basalti ofiolitici, che normalmente lo presentano in maggiore o minore misura, sono genericamente definiti spiliti. Nei Cinghi di Boccasuolo si rinvengono mineralizzazioni metallifere, di bassa termalità, a calcopirite, pirite, blenda. Esse furono oggetto di coltivazioni minerarie nei secoli passati. Durante la fase orogenica appenninica, i basalti vennero smembramenti e si ebbe la formazione di brecce, che, nei Cinghi di Boccasuolo sono molto abbondanti e di tipo monogenico, in pratica composte da un unico tipo litologico (basalto spilitizzato). I basalti con queste caratteristiche sono poco comuni nell'Appennino settentrionale; essi furono generati per fusione parziale di un mantello arricchito in elementi fusibili, analogo a quello rappresentato dalle peridotiti serpentinizzate di Varana, Sassomorello e Pompeano..
L'Ofiolite del Cinghio del Corvo
L'osservazione microscopica evidenzia uno stato di profonda trasformazione per le rocce di Cinghio del Corvo, nelle quali l'originario pirosseno è stato sostituito da serpentino antigorite con la caratteristica tessitura a maglie. Dopo la serpentinizzazione, la roccia, probabilmente ancora in ambiente oceanico, ha subito una prima fratturazione con cementazione da parte di serpentino e di carbonati in vene (ranocchiaie); una successiva fratturazione, verificatasi durante i movimenti orogenetici che hanno portato alla chiusura del bacino della Tetide e alla messa in posto sul continente (obduzione) della crosta oceanica, ha smembrato la serpentinite in blocchi di varia dimensione. Questa deformazione non è stata accompagnata da circolazione di soluzioni acquose e i blocchi, non cementati, vanno soggetti a facili spostamenti gravitativi.
La serpentinite di Cinghio del Corvo può essere considerata come un frammento di materiale di mantello superiore che costituì la possibile sorgente per i magmi basaltici del modenese assimilabili a quelli dei fondi oceanici attuali. A differenza della serpentinite di Vesale, analoga per composizione, Cinghio del Corvo presenta una tettonizzazione meno spinta, che non è compatibile con un suo coinvolgimento lungo una faglia della crosta oceanica, come ipotizzato per la massa di Vesale.
Le Miniere della valle del Dragone
Ubicate in due siti principali, si trovano nell'ofiolite di Boccassuolo, comune di Palagano. Si tratta dell'affioramento ofiolitico più imponente dell'Appennino modenese, principalmente sviluppato sul versante destro del torrente con affioramenti più ridotti sul versante opposto, al poggio di Medola e al monte Calvario. L'area maggiormente interessata dall'attività estrattiva è all'interno del triangolo delimitato dalla vetta del Poggio Bianco Dragone, dall'alveo del torrente e dal fosso delle Carpinete. Qui si trovano otto delle dodici miniere totali della valle; le altre quattro, di dimensioni più ridotte si trovano più a monte sul versante nord del cinghio del Corvo. La lunghezza di queste miniere è estremamente variabile, si passa da pochi metri di alcuni saggi di scavo, agli oltre settecento della più estesa. I rilievi, le misurazioni e le minuziose esplorazioni delle gallerie sono state effettuate, a partire dal 1994 dagli speleologi dell'OSM Sottosopra di Modena. La maggiore parte delle gallerie si trova in luoghi difficilmente raggiungibili, parte dei cunicoli sono allagati ed in alcuni punti la roccia è franata. Si tratta di giacimenti sfruttati fin dai tempi remoti. Il termine Palagano si fa derivare dalla voce prelatina palàga significante pepita d'oro.
Presso l'Archivio di Stato di Modena giace una documentazione riguardante le miniere dalla val Dragone composta da concessioni di scavo fatte dagli Estensi a privati cittadini, notizie di giacimenti e relazioni di scavi redatte per lo più da sovraintendenti ducali, descrizioni particolareggiate delle zone, dettagli sulla consistenza e la qualità dei minerali scavati, note di pagamenti di minatori, tecnici.
L'11 giugno 1343 Guglielmo del fu Matteo da Montecuccolo stipulò un contratto con alcuni operai in cui si legge: "In venis inventis et que inveniri vel reperiri in terris Medole et Bochaxoli, ex quibus aurum, argentum, ramun, stagnum, plumbum, ferrum vel aliquod metallorum de predictis haberi, percipi et extrahi poterit?" (Dalle vene metallifere che potranno essere trovate o reperite nelle terre di Medola e Boccassuolo potrà essere estratto e posseduto oro, argento, rame, stagno, piombo, ferro o qualsiasi composto dei predetti metalli. . .).
Nel 1458 viene data notizia dal Duca Ercole I di ritrovamenti di rame fatti da Francesco da Ravenna a M. Modino.
Il 10 luglio 1631 il Conte Jacopo Bertocchi, sovraintendente ducale, scrive al Duca Francesco I di una miniera di rame a M. Modino. Vennero chiamati dei 'metallieri' tedeschi o 'mineristi' la cui opera non approdò a notevoli risultati. Il 16 febbraio 1698 il Consiglio delle Miniere di Hannover, chiamato a giudicare i metalli delle miniere di Frassinoro e Medola, si pronuncia in modo favorevole sui risultati degli scavi. Dichiara anche la propria incompetenza a giudicare se "quel foco che brucia da per sé" (i fuochi di Sassatella provocati da fuoriuscita di gas metano) "possa servire ad arrostire le miniere di rame, perché sconosciuto".
Da Medola Matteo Nardi il 12 settembre 1699 inviava al Duca Rinaldo I uno schizzo della zona delle miniere segnando sul versante di Boccassuolo e Toggiano numerose cave. E' un disegno in cui è indicata anche la zona che venne saggiata tra 1940 e il 1942.
Nel 1740 venne fondata la Società delle Miniere con numerose sottoscrizioni (azioni da lire modenesi 600 ciascuna). Bisogna dire che le miniere del Val Dragone erano le più modeste di contro a quelle della Garfagnana che comprendevano anche marmi. La Società però non ebbe lunga vita e fu sciolta nel 1742. Nel 1752 il Governatore di Sestola cita le miniere di Vestole (Sassatella), di Lago e della Pieve di Renno. In data 30 novembre 1758 in una relazione del tribunale camerale al Duca Francesco III circa la domanda del Marchese di Montecuccolo del 1756 di scavar miniere nella Provincia del Frignano si scrive che "tre sono le miniere di rame finora trovatesi: la prima in luogo detto Vesale, la seconda in luogo denominato Renno, la terza in sito denominato Lago o di Toggiano". A quacuno non è mancato neanche di recente il convincimento che qualche utile potesse trarsi dalle ofioliti dei Cinghi, dove si lavorò anche negli anni '40.
Archivio documentale degli immobili e aree di notevole interesse pubblico (art. 136 del D.Lgs. n.42/2004) nel territorio modenese
Bibliografia
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"Le ofioliti nelle province di Modena e Reggio Emilia." - BERTOLANI M. & CAPEDRI S. [1966] Atti Soc. Nat. e Mat. di Modena, 97, 121-170.
"I giacimenti cupriferi dell'Appennino Modenese. Ricerche microscopiche a luce riflessa." - Bertolani M. [1953] Atti Soc. Nat. Mat. Modena, 82
"Della datolite della valle del Dragone." - GRILL E. [1932] Atti R. Acc. Sc. Lett. Arti di Modena, 3.
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"Datolite di Toggiano." - GRILL E. [1928] Atti R. Acc. Sc. Lett. Arti di Modena, 3.
"Sulla prehnite di Toggiano." - GALLITELLI P. [1927] Atti Soc. Tosc. Sc. Nat., 39.
"Datolite di Toggiano (Appennino Modenese)." - MALAGOLI M. [1886] Atti Soc. Sc. Nat. Modena, (3), 2. Atti Soc. Sc. Nat. Modena Rend. Ad. (1884-85), ser. III, 2, 124-126.
"Lettura sui serpentini della montagna modenese." - COSTA C. [1863] Mem. R. Acc. Sc. Lett. Arti di Modena, 5.
Avvertenze
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